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messaggio di padre Kizito Sesana
durante le esequie di Don Tullio Contiero
6 luglio 2006 - S.Sigismondo, Bologna


da Don Contiero? Un prete “originale” e libero.
L’ho visto la prima volta nei primi anni 70, quando venne a trovarmi alla direzione di Nigrizia per parlarmi dei viaggi in Africa che aveva cominciato ad organizzare con gli studenti, e della sua preoccupazione che la formazione degli studenti universitari, la loro cultura, includesse, o meglio incominciasse, dai poveri, dai dimenticati. Mi era subito sembrato una persona fuori dagli schemi, libera, e una persona che vedeva piú lontano degli altri.
Poi l’ho rivisto dopo oltre vent’anni nella periferia di Nairobi. Venne a visitarmi, con un gruppo di studenti, nella casa dove avevo avviato l’esperienza di Koinonia in Kenya.
Sapeva che l’anno precedente ero stato rimosso dalla direzione della rivista New People.
Senza preamboli, dopo che il gruppo era entrato in casa e tutti si erano in qualche modo accomodati, mi chiese, con quel suo svergognato accento: “Kizito, ma la Chiesa é Madre o Matrigna?”.
Erano bastate poche battute all’ingresso di casa per rimettermi in sintonia con lui.
Gli risposi che per me la Chiesa é sempre stata madre, anzi mamma, anche perché non dobbiamo confondere la Chiesa con i vescovi e i cardinali e i papi.
Con loro, che hanno il compito di mantenere la nostra azione nel grande quadro luminoso del Vangelo, noi cooperiamo e a loro ubbidiamo, perché vogliamo restare in comunione, anche quando non siamo convinti che in una determinata scelta concreta abbiano ragione.
Ma la Chiesa é la grande comunitá cristiana, il grande popolo di Dio che include i tantissimi laici, il papa e i vescovi.
In questo popolo la dignitá piú vera non scaturisce dalla funzione gerarchica ma dalla santitá, dall’adesione al Vangelo.
Da questa chiesa mi sono sempre sentito profondamente amato. Concretamente per me la Chiesa sono i poveri, i bambini e i semplici in mezzo ai quali vivo e che amano Gesù e il Vangelo.
Questa é la Chiesa che mi é mamma. Dissi anche che non siamo ordinati preti per essere servi dei vescovi, ma per essere - preti e vescovi in comunione - servi della comunitá. In particolare dei poveri.
Mentre parlavo lo vedevo che non riusciva a trattenere il sorriso e i cenni di assenso.
Da quel poco che ho potuto intuire - perché era molto riservato su questo punto -, credo che abbia sofferto parecchio per come veniva considerato da alcune persone che forse con lui hanno esercitato piú l’autoritá che la forza della comunione.
Ma non credo che cercasse approvazione personale, piuttosto soffriva perché non venivano capiti i programmi pastorali e culturali che proponeva per i giovani.
Era ampiamente ricompensato dall’affetto genuino che tanti studenti hanno avuto per lui. I giovani capivano subito di aver di fronte una persona schietta e senza inganni, profondamente libera, che annunciava il Vangelo non per mestiere ma per convinzione.
Una persona che si dimenticava di sé per dedicarsi agli altri – bastava una visita nella sua abitazione per capire l’essenzialitá della sua vita.
Non l’ho quasi mai sentito parlare di se stesso, ma parlava volentieri e con orgoglio dei testimoni che era riuscito a far incontrare agli studenti universitari, e degli studenti che avevano scelto, dopo i viaggi in Africa, la strada del sacerdozio o delle vita religiosa.
Don Contiero? Un prete “originale” e libero. Ma soprattutto un prete che ama ed é amato dalla sua chiesa.
Ciao, Contiero. So che questo saluto ti fa particolarmente contento, perché viene dall’Africa, dove tante persone ti hanno conosciuto e ti vogliono bene.
Continua a restarci vicino, abbiamo bisogno anche di te per essere liberi.

p. Kizito Sesana
missionario comboniano