Scomparso in luglio, è stato per quarant’anni il punto di riferimento per gli studenti universitari a Bologna, ha fondato il Centro Studi Donati e si è speso per far conoscere l’Africa.
La missione di don Contiero
Appena ho saputo che lo scorso 3 luglio è morto don Tullio Contiero, ho sentito la necessità di condividere il pezzo di strada che ho fatto assieme a quest’uomo. Con lui si è verificato ciò che io chiamo “il mistero dell’incontro”. Non si sa, infatti, perché nella vita ci s’incontra con certe persone.
Ricordo che venne a trovarmi quando ero direttore di Nigrizia, credo nel 1981. Mi aveva telefonato, chiedendo d’incontrarci. Io non sapevo chi fosse. Appena messo piede in redazione, a Verona, don Contiero andò all’attacco: «Voi missionari dovreste vergognarvi per come state trattando le università. Siete completamente assenti, mentre è anche in questo ambiente che dovrebbe esprimersi il vostro essere missionari». E giù con una filippica.
Lo ascoltai e poi gli risposi che non era facile per noi di Nigrizia stare in redazione, rispettare le scadenze del mensile e, contestualmente, occuparci anche di altro. Lui non arretrò di un centimetro e ricominciò: «Devi venire a Bologna. Sono in contatto con molti studenti. Puoi parlare con loro. Puoi introdurli al mondo africano». A quel punto, promisi che avrei fatto di tutto per andare a Bologna, ma gli dissi anche che, per quanto riguarda i comboniani, non mi sembravano i tipi adatti per esprimersi in quell’ambiente. In questo, ho avuto torto, perché ho capito in seguito che, portando nell’università un’esperienza valida, si è ascoltati.
All’università di Bologna ci sono poi andato sul serio. E ho visto che don Contiero preparava gli studenti e infondeva entusiasmo. Parlava loro innanzitutto di Gesù Cristo e poi voleva che toccassero con mano qualche realtà africana, cogliessero i bisogni e le potenzialità di quelle comunità. Per questo, organizzava viaggi, soprattutto verso paesi dell’Africa subsahariana (Tanzania, Kenya, Uganda). Voleva che questi giovani vedessero come si lavorava nelle missioni. Voleva che chi stava studiando medicina potesse rendersi conto delle stato della sanità o del funzionamento degli ospedali.
All’inizio, gli avevo manifestato alcune mie perplessità. Temevo che si risolvesse tutto in una sorta di turismo culturale senza sbocchi. Non era così. Don Contiero si era circondato di giovani desiderosi di capire e d’impegnarsi: gente molto coinvolta anche nel sociale e nel politico, a Bologna.
Un giorno, me lo sono visto arrivare a Korogocho, la baraccopoli di Nairobi (Kenya) dove sono andato a lavorare dopo l’esperienza di Nigrizia. E pensare che don Contiero aveva consigliato i suoi ragazzi di non venire a Korogocho: temeva forse che, per la mia scelta radicale e le mie posizioni molto dure sui divari Nord-Sud, sulle armi e sul sistema folle che ci governa, li potessi “spaventare”. Ma non pochi di loro gli disobbedivano…
E lui lo sapeva.
Per tornare a Bologna: mi ricordo che sono stato diverse volte a parlare all’università. Sale piene di studenti e anche di professori. Mi ricordo che in uno di quegli incontri don Contiero mi disse: «Guarda che questi “professoracci” atei non hanno mai sentito parlare di Gesù Cristo e dei crocefissi del sud del mondo». Credo di poter dire che, a un certo punto, il nostro cammino è entrato in profonda sintonia. Del resto, anche lui era critico verso la chiesa di Bologna, per le sue difficoltà ad assumere la missione, mentre lui era appassionato della missione, nel contesto della pastorale universitaria. Penso che pochi abbiano lavorato bene come quest’uomo, che ha fatto innamorare generazioni di universitari dei poveri e degli esclusi.
L’ultima volta che ci siamo visti, lui era già molto malato. Lucido come sempre, aveva ancora quel suo sorriso ironico. Abbiamo ricordato i nostri trascorsi e di come questo esserci incrociati in varie occasioni ci avesse arricchiti entrambi e avesse giovato ai tanti giovani che ci stavano intorno. Ecco la bellezza della vita, quando si ha la capacità di camminare insieme!
Oggi Bologna è orfana di don Contiero. Ma lui ha lasciato un bel gruppo, che fa capo al Centro Studi Donati. E che ha già raccolto il suo testimone.
p. Alessandro Zanotelli
missionario comboniano
Nigrizia - settembre 2006