Quanti missionari, nel cuore dell'Africa, si sono visti arrivare improvvisamente i ragazzi di Don Contiero.
Quante volte li abbiamo visti arrivare un po' stupiti, sempre emozionati, sempre alla ricerca di questo mistero profondo che è l'Africa, la sua gente, la sua terra, la sua storia.
Contiero amava dire che le parole, i documenti dell'ONU, perfino le encicliche della Chiesa non bastano per far rifiorire i deserti.
Ci vuole ben altro.
Ci vuole sudore, spesso lacrime e talvolta anche il sangue di chi è pronto a pagare con la vita il servizio ai poveri che Don Contiero voleva che i suoi ragazzi incontrassero: i Missionari, uomini e donne capaci di spendere la vita per l'Africa.
Contiero, un presbitero della Chiesa che lui sognava solidale, fraterna.
Una Chiesa che rifiutasse le divisioni tra ricchi e poveri, tra potenti e deboli, tra felici e infelici. Presbitero che chiedeva ai suoi ragazzi di condividere per creare giustizia e fraternità, alla luce delle parole di Paolo.
Contiero, come è stato detto, ha analizzato la realtà dell'Università di Bologna e ha capito che la proposta educativa offerta agli studenti, andava arricchita da provocazioni serie. Ha denunciato con chiarezza il rischio che l'Università accumulasse i suoi privilegi. Invitava i ragazzi a non chiudersi nell'illusione di una scienza soddisfatta dei risultati che rendono ancor più forti questi privilegi. Li invitava a una ricerca che andasse oltre gli interessi personali. Per fare questo ha detto chiaramente "Andiamo!", "Venite!", e andava insieme con loro.
"Usciamo incontro all'Umanità!". L'Umanità senza privilegi, senza neppure i diritti fondamentali, senza quei sogni e quei progetti che riempiono la vita dei giovani studenti universitari.
Portando gli studenti in Africa, Contiero ha voluto liberarli da schemi e progetti limitati, egoisti; si è detto: "provinciali". Voleva che acquisissero una cultura dell'Attenzione, del Servizio, della Solidarietà nel confronto del resto del mondo. Provocava a fare scelte di vita, serie e radicali; alternative a quelle abitualmente offerte dal mondo che li circonda.
La filosofia di fondo, recuperata dal Vangelo, recuperata da Paolo e da tanti Testimoni: "noi non viviamo solo per noi stessi".
Ha avuto il coraggio anche di criticare severamente un volontariato che non si gioca radicalmente per i poveri, ma costruisce la sua carriera su un servizio apparentemente di cooperazione o di aiuto. "Al Povero" -diceva- "non si possono dare briciole, nè di cose, nè di tempo, ma solo tutta la vita"
Ecco allora, noi abbiamo adesso il momento di salutare un presbitero cha ha vissuto la sua vocazione missionaria proprio andando oltre la tradizionale figura del presbitero fatto per una chiesa locale. Ha capito che ogni Sacerdote è per il mondo. "E' per il mondo".
Ogni Cristiano, ogni Testimone del Vangelo, è per il mondo.
Di questo lo ringraziamo.
padre Gianni Nobili
Missionario Comboniano